Andrea Riccardi: vi racconto perché siamo andati nelle periferie

Negli anni '70 l'incontro con Garbatella e Primavalle fu la scoperta dell'altra Roma
18 May 2016

La nostra è la storia di studenti che negli anni ‘70 sentono la forza di un mondo studentesco,  un mondo pieno di tensioni politico-ideologiche, per alcuni aspetti violenti. Studenti che sentono un mondo cristiano estremamente polarizzato - come quello del post '68 – vivono la contestazione, una certa lacerazione, un mondo di discussioni e scelgono per la periferia. I primi due luoghi in cui noi scegliamo di cominciare a vivere, a operare, sono Garbatella e Primavalle, nella periferia romana. Cosa ha significato questo nella vita di quei giovani? Significa che l'autobus tu non lo prendevi per andare al centro, ma mentre tutti prendevano l'autobus per andare al centro, tu prendevi l'autobus nell'altro senso. E qui facevi l'esperienza delle povertà di allora, degli anni successivi, vedevi crescere la droga, le solitudini, gli anziani, ma anche l'esperienza - e qui vengo a Papa Francesco - di leggere la città a partire dalle periferie. Naturalmente non abbiamo ideologizzato questo, ma lo abbiamo vissuto. Leggere la “città Roma” a partire delle periferie. 

Le periferie sono un luogo privilegiato della presenza cristiana. I periferici, i poveri e i marginali, sono gli interlocutori primari della Chiesa e della sua azione. Non si tratta soltanto di una scelta di “carità”, ma d’una precisa opzione storico-geografica che ha radici nella storia del cristianesimo. C’è un’intuizione in Francesco da cogliere nella sua peculiarità: il cristianesimo deve rinascere dai mondi periferici e, da qui, arrivare o ritornare al centro (…). E’ un illusione riassumere tutto nel centro o considerare una collocazione centrale come una realtà che di per sé influenza il resto. Certo, nel mondo delle periferie, la presenza della Chiesa è più debole rispetto alla sua stratificazione istituzionale nei centri storici o nei quartieri con una storia pastorale consolidata (…). 

Accanto a questa convinzione ce n’è un’latra tutt’altro che secondaria: che il cristianesimo deve compiere una “scelta preferenziale” per i periferici e le periferie. E’ qualcosa che scaturisce dal Vangelo: la cosiddetta scelta della Chiesa per i poveri, che è la sua vera realizzazione storica e geografica (…).
Nelle periferie si registra, quasi come in un sismografo, lo scorrere della storia e i suoi terremoti che sconvolgono la vita sociale di milioni di persone. Le periferie cambiano in fretta. Come sono oggi? Che cosa significa ritornare ad esse, come papa Francesco propone? Sono queste le sfide e le domande a cui dovremo rispondere nei prossimi anni.